I neonati sorridono a tutti, non hanno difficoltà a lanciarsi tra le braccia di chi vuole giocare con loro, ma è solo dopo alcuni mesi che cominciano a rimanere perplessi davanti ai visi nuovi, talvolta con manifestazioni di pianto.
Il tempo necessario alla comparsa e alla scomparsa di questo comportamento è soggettivo, anche se ha un periodo di maggiore incidenza che coincide con lo sviluppo del senso di sé. Ogni bambino, infatti, quando comincia a capire cosa è familiare e cosa non lo è, comincia a fare le dovute differenze.
Si tratta dello sviluppo di quel senso di individuazione che parte da un indifferenziato “noi” (o per meglio dire “Io/Noi”) e si arricchisce via via del concetto “questo sono io e questo sei tu”.
A volte questo comportamento permane anche dopo il secondo anno di età: ciò può essere dovuto alle esperienze del bambino, alla sua abitudine alle persone estranee, o anche alla sicurezza che ha potuto costruire rispetto al suo rapporto con mamma e papà.
Man mano che il bambino sperimenta la propria autonomia fisica e di azione, comincia a percepire anche i propri limiti o le conseguenti frustrazioni. Il legame di attaccamento (Bowlby) segna lo sviluppo del bambino e ne determina le caratteristiche di personalità anche nella vita adulta.
Quando il bambino non riesce a stabilire quel senso di sicurezza che deriva dalla certezza che mamma e papà “ci sono” ogni volta che avrà bisogno di tornare a loro, possono verificarsi comportamenti del tipo:
- insicurezza
- scarsa autostima
- difficoltà a stabilire rapporti con gli altri
- comportamenti ostili e aggressivi
Fino ai 24 mesi è bene non preoccuparsi del rifiuto dell’estraneo, ma puntare sulla rassicurazione e sulla vicinanza fisica ed emotiva.